Spesso mi trovo a riflettere sul perchè di certi miei comportamenti del tutto irrazionali nonostante io sia molto spesso la regina della razionalità. Spesso mi trovo a fare acquisti compulsivi di cose che “possono servire” e che in quel momento mi sembrano necessarie. In realtà ho scoperto nel corso degli anni che mi appaga il possesso delle cose, più che il loro utilizzo e che il mero possesso mi rende psicologicamente già competente e capace. Ho da qualche parte un trapanino tipo Dremel con ogni tipo di accessorio che forse ho usato solo una volta, attrezzini per fare micro pompom, carte di ogni tipo, forbici con lame improbabili, etc. etc. etc.

Mio figlio 1/3 ha quasi 17 anni e quando era ancora nella culla, decisi che dovevo avere una macchina da cucire super tecnologica con la quale arredare il mondo. Ovviamente con capacità di ricamare, fare orlo a giorno, etc. etc. In breve l’ho usata pochissimo, presa da tante cose, altri interessi e soprattutto appagata dall’idea che se volevo potevo. 
Ma da un pò di tempo ho deciso che devo cambiare, che non devo più conservare cose inutili, che devo fare, altrimenti prendere coscienza che non so fare e quindi posso liberarmi a cuor leggero di tutto quello che è superfluo. Roberta mi aveva gentilmente donato delle stoffe provenienti da una tirella da tappezziere che ho tenuto a decantare un tot di tempo. Dopo aver fatto la mia prima borsa, mi sono cimentata in un patchwork di tessuti.
Ho usato diverse stoffe. Anche il manico è fatto da pezzettini di tessuto, rinforzati da ricami che la mia Necchi consente. Il fondo (si intravede in alto) proviene da ritagli della stoffa con cui ho fatto le calate delle tende che si trovano nella mia (quasi ex) taverna.


Questo invece è un porta uncinetto che ho fatto durante l’inverno, personalizzando l’idea che mi aveva fornito quello della solita Roberta di cui sopra. La mia macchinina consente tra l’altro il punto asola e anche una serie di ricami, tra i quali quello di teneri mughetti con il quale ho decorato un pezzo di shantung grigio che riveste la pattina di chiusura su un elegante bottone vintage. Del resto quando le cose si fanno è bene farle con eleganza!

Nonostante mi senta una fanciulla nell’animo, la mia età anagrafica si intuisce quando a volte sono costretta ad inforcare gli occhiali da presbite per scoprire che quelle che sembrano formichine in fila in realtà sono normali caratteri di stampa. Ho perso il fodero e allora me ne sono fatto uno con un pezzettino di stoffa. La pattina, anche se non si nota molto, è fatta con una stoffa simile ma con una tessitura più lucida e battuta. Ho ghirigorato l’interno con un altro punto ricamo. Da notare la bellezza degli occhiali. Cecata sì, ma con charme!